Certe pagine sono come specchi
Certe pagine sono come specchi e io adoro il momento in cui, mentre leggo, letteralmente vedo apparirmi sul volto le più diverse espressioni – sorpresa, tenerezza, stupore, sgomento, sdegno, disgusto, gratitudine… Mi succede con pochi libri – quelli di Luigi Pirandello sono tra questi -: mi riconosco e mi osservo nei minimi particolari, ogni parola è un dettaglio di me. *.*
Guardò in cielo la luna che pendeva su una di quelle grandi montagne, e nel placido purissimo lume che allargava il cielo, mirò, bevve le poche stelle che vi sgorgavano come polle di più vivida luce; abbassò gli occhi alla terra e rivide le montagne in fondo con le azzurre fronti levate a respirare nel lume, rivide gli alberi attoniti, i prati sonori d’acqua sotto il limpido silenzio della luna; e tutto le parve irreale, e che in quella irrealità la sua anima si soffondesse divenuta albore e silenzio e rugiada.
Ma, ecco, come una tenebra enorme le assommava a mano a mano dal fondo dello spirito, di fronte a quella limpida irrealità di sogno: il sentimento oscuro e profondo della vita, composto da tante impressioni inesprimibili, sbuffi e vortici e accavallamenti nella tenebra di più dense tenebre. Fuori di tutte le cose che davan senso alla vita degli uomini, c’era nella vita delle cose un altro senso che l’uomo non poteva intendere: lo dicevan quegli astri col loro lume, quelle erbe coi loro odori, quelle acque col loro murmure: un arcano senso che sbigottiva. Bisognava andar oltre a tutte le cose che davan senso alla vita degli uomini, per penetrare in questo senso della vita delle cose. Oltre alle meschine necessità che gli uomini si creavano, ecco altre cupe gigantesche necessità profilarsi entro il fluir fascinoso del tempo, come quelle grandi montagne là, entro l’incanto della verde silentissima alba lunare. In esse ella doveva d’ora innanzi affisarsi, infrontar con esse gli occhi inflessibili della mente, dar voce a tutte le cose inespresse del suo spirito, a quelle che sempre finora le avevano incusso sgomento, e lasciar la fatuità dei miseri casi dell’esistenza quotidiana, la fatuità degli uomini che, senz’accorgersene, vàgolano immersi nel vortice immenso della vita.
Giustino Roncella nato Boggiòlo, 1911






